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Donna, calciatrice e anche... giornalista! Almeno per un giorno. Elena Linari è stata tra le protagoniste della cavalcata della Nazionale femminile agli ultimi Mondiali, dopo una stagione piena di soddisfazioni vissuta con la maglia dell'Atletico de Madrid Femenino. Ieri, Elena ha vissuto un'altra bella esperienza, quella di cronista, raccontandosi sulle pagine di Tuttosport.

Ecco il uso articolo integrale:

"Colui che non è abbastanza coraggioso da correre rischi non compirà nulla nella vita". (Muhammad Alì)
Non potrebbe esserci citazione migliore per cominciare questo mio piccolo racconto. Il rischio fa parte del gioco e qualsiasi sportivo sa che se non osa, non raggiunge i propri obiettivi! A me è successo esattamente così. Quest’anno ho deciso di azzardare, di ripartire quasi da zero emigrando verso la Spagna. Fin da piccola ho sempre avuto il sogno di poter fare del calcio la mia professione e là nella terra della corrida, ci sono riuscita. La scelta non è stata facile, lasciavo tutto: amici, famiglia, affetti. Ma il mio cuore aveva già deciso per me anni fa, stava solo aspettando l’occasione giusta. L’annata a Madrid è stata dura, da titolare quasi inamovibile con la camiseta rojiblanca, mi sono ritrovata durante la stagione a fare anche panchina e addirittura alcune volte anche la tribuna.

LACRIME E ORGOGLIO - Ho pianto, non lo nego, ma quelle lacrime mi hanno fatto capire che il rischio che stavo correndo mi sarebbe servito in futuro. E l’occasione, alla fine, si è presentata il 9 giugno, quando ho giocato e vinto la prima partita del Mondiale con la Nazionale. Il Mondiale ha rappresentato per tutte noi una SVOLTA. Mesi fa pochissimi avrebbero creduto in questo grande successo, e invece adesso molti hanno interessi a salire sul carro dei vincitori. Ma chi sa veramente la nostra storia? Noi giocatrici in Italia siamo DILETTANTI, in pratica, come dico io, stiamo perdendo del tempo. Se volessimo lavorare, dovremmo trovarci un part time o comunque un lavoro che ci possa permettere nel fine settimana di stare a casa. Se volessimo studiare, dovremmo sperare di non avere allenamento durante le lezioni. E capite bene che la situazione si complica perché se vuoi raggiungere i quarti di finale di un Mondiale, non puoi permetterti di lavorare durante tutto il giorno e poi allenarti alle otto di sera, per poi tornare a casa distrutta e alzarti il giorno dopo per andare a lavorare. Ebbene, questa è ancora la condizione di molte giocatrici in Italia ed era anche la mia fino a qualche anno fa. Adesso, per fortuna, nelle migliori società italiane, si riceve un rimborso economico adeguato allo sforzo compiuto durante tutto l’anno, ma non possiamo e non dobbiamo accontentarci! Il ferro va battuto finché è caldo, i nostri sforzi vorremmo che venissero ripagati e che ricevessero la giusta ricompensa, soprattutto per impostare delle basi solide per un futuro migliore.

DA FIRENZE A MADRID - Ho cominciato in una squadra di maschietti a 5 anni, per poi a 12 entrare nel mondo femminile, di cui, non nego, non conoscevo niente. A 19 ho lasciato Firenze, la mia città, per andare a Brescia, poi a 22 ho deciso di vestire i colori del mio cuore (quelli viola della Fiorentina) per poi, dopo due anni, raggiungere la terra spagnola. Da bambina, a ragazza per poi diventare sempre di più una donna. Da dilettante a professionista. Questi passaggi sembrano brevi se descritti in così poche righe, ma dietro ci sono lotte e sacrifici, scelte di vita importanti, decisioni difficili, pianti e risate, sconfitte e vittorie. In fondo, uno sportivo lo sa, se non rischia è difficile che raggiunga i suoi obiettivi.


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